Ruolo nei disturbi autistici degli anticorpi della madre

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 11 febbraio 2023.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: AGGIORNAMENTO/DIBATTITO]

 

Basta solo leggere le nostre “Notule” degli ultimi mesi per rendersi conto di quanto sia in evoluzione il campo degli studi sui disturbi dello spettro dell’autismo (ASD, da autism spectrum disorders), sia per ciò che concerne le basi neurobiologiche sia per gli approcci terapeutici.

La nostra scuola neuroscientifica ha comunicato e diffuso le prime evidenze di alterazioni strutturali cerebrali, la natura di disturbo pervasivo dello sviluppo e le evidenze sui fattori genetici e non genetici responsabili delle numerose e fra loro differenti patogenesi di disturbi accomunati dalle manifestazioni cliniche autistiche, quando ancora in Italia si insegnava in corsi di formazione specialistica che l’autismo è una reazione del bambino al comportamento dei genitori, applicando in modo arbitrario e insostenibile il criterio di “reazione psicologica” ipotizzato un secolo prima come causa delle nevrosi dell’adulto. Si insegnavano le assurdità di Bruno Bettelheim che millantava di guarire, grazie all’allontanamento dai genitori, bambini che avevano un cervello alterato nello sviluppo[1]. Così arrivavano nei presidi di riabilitazione del nostro paese psicologi che, di fronte a un bambino con condotte autistiche, arringavano i genitori già afflitti e preoccupati, generando in loro sensi di colpa, in particolare accusando la genitrice di essere una “madre frigorifero”, vera causa del disturbo.

Dal 1991 si sapeva che mutazioni nel gene FMR1 sul cromosoma X causano la sindrome dell’X-fragile, identificata già nel 1943 e oggi considerata la causa genetica più comune di ASD. Eppure, nel 2003 la nostra società scientifica ha dovuto combattere una battaglia culturale contro l’avversione pregiudiziale per il sapere scientifico da parte di ottusi e testardi depositari del “dogma della reazione del bambino”.

Un problema ancora attuale consiste nel far capire che “autismo” non è la definizione di una malattia, ma un termine convenzionale che indica la presenza contemporanea di tre ordini di sintomi: 1) problemi neuroevolutivi di comunicazione, 2) grave difetto di interazione sociale e 3) comportamenti rigidi, ripetitivi e stereotipati. La presenza di queste manifestazioni di difetti neuroevolutivi può avere cause diverse, da sindromi genetiche ben note ad anticorpi materni diretti contro antigeni del cervello fetale, fino a cause non esattamente determinate. Per questo è sbagliato parlare di “causa dell’autismo” come se fosse una singola entità patologica e, conseguentemente, affermare, come purtroppo si legge ancora su un sito del “Mario Negri”, che non si conosce la causa dell’autismo. È come dire “non si conosce la causa del tumore”: le neoplasie solide sono tante e diverse fra loro, classicamente distinte in 100 istotipi, di alcune si conosce eziologia e patogenesi, di altre si hanno nozioni incomplete e di altre ancora non si sono stabilite con precisione le cause.

Già nel 2012 l’American Society for Neurochemistry ammoniva che nella ricerca sull’autismo non si poteva più conservare il vecchio approccio categoriale, ma era ormai necessario adottare un approccio dimensionale, per quanto emerso da decenni di osservazioni sulla multiformità ed eterogeneità genetica e fenotipica: la dissezione in componenti, come in altre aree della ricerca neurobiologica sulle basi di alterazioni cerebrali e disturbi mentali, fornisce un approccio più efficace[2].

L’indipendenza dei singoli tratti dell’autismo fu rilevata già da Wing & Wing (1971), poi McBride e colleghi raccomandavano di considerare i singoli elementi comportamentali indipendentemente l’uno dall’altro (1996); infine, questa citazione da Gupta & State (2007) rimane un riferimento ancora attuale: “Se l’autismo non è una singola entità ma un insieme di fenotipi sovrapposti risultanti dall’azione combinata di molti alleli di rischio, appare logico che un approccio che scomponga la presentazione clinica in componenti biologicamente rilevanti possa essere più potente di uno che si basi su diagnosi categoriali”[3].

Le cause dei disturbi dello spettro dell’autismo non sono solo genetiche, ma sono costituite anche da fattori esterni all’organismo. È chiaro, alla luce degli ultimi vent’anni di ricerca, che l’esposizione in utero del feto al microbioma, a tossine, infiammazioni e anticorpi può avere un ruolo eziologico. Gli anticorpi (Ab) materni reattivi al cervello, presenti nel 10-20% delle madri con figli affetti da ASD, costituisce un rischio potenziale per il cervello in corso di sviluppo. Di questo argomento, si sono occupati Ciara Bagnall-Moreau e colleghi, facendo il punto circa quanto è emerso dalla ricerca condotta in questo campo fino a oggi.

(Bagnall-Moreau C. et al., Maternal brain reactive antibodies profile in autism spectrum disorder: an update. Translational Psychiatry 13 (1): 37, Feb 2023 – Epub ahead of print doi: 10.1038/s411398-023-02335-3, 2023).

La provenienza degli autori è la seguente: Institute of Molecular Medicine, The Feinstein Institutes for Medical Research, Northwell Health System, Manhasset, New York, NY (USA); Donald and Barbara Zucker School of Medicine at Hofstra/Northwell, Hempstead, NY (USA).

Nella gestante gli anticorpi reattivi al cervello possono costituire un rischio reale per l’embriogenesi encefalica fetale perché possono avere accesso al sistema nervoso in corso di sviluppo, interferendo in un periodo critico con i processi che consentono la formazione dell’apparato più complesso che esista in natura. I risultati sperimentali hanno individuato differenti anticorpi anti-cervello della madre associati a ASD, per i quali è stato suggerito il legame con antigeni neuronici intracellulari o extracellulari.

I dati clinici provenienti da varie coorti supportano in modo oggettivo l’evidenza di un aumento nella prevalenza di tali anticorpi materni anti-cervello nelle madri di un bambino con ASD rispetto alle madri di bambini con sviluppo neurotipico.

In precedenza, Ciara Bagnall-Moreau e colleghi hanno accertato che anticorpi contro Caspr2[4] sono presenti con elevata frequenza nelle madri con una sierologia cervello-reattiva e un bambino affetto da ASD, e hanno poi dimostrato che l’esposizione in utero a un anticorpo monoclonale anti-Caspr2, derivato da una madre di un bambino autistico, portava allo sviluppo di un fenotipo ASD-simile nei roditori maschi della prole. In uno studio successivo, gli stessi autori hanno proposto un nuovo modello per studiare gli effetti dell’esposizione in utero agli anticorpi anti-Caspr2. I risultati dello studio, supportando la patogenicità degli anticorpi anti-Caspr2, sono coerenti col concetto che gli anticorpi anti-cervello presenti nelle donne durante la gestazione possono alterare lo sviluppo dell’encefalo fetale, e confermano che i maschi sono peculiarmente suscettibili[5].

Modelli sperimentali animali di primati non umani e di roditori hanno fornito evidenze inconfutabili a supporto di un ruolo patogenetico di questi anticorpi. Ciara Bagnall-Moreau e colleghi riportano e riassumono i dati ottenuti dai modelli animali e dagli studi clinici, con particolare attenzione per gli elementi che riguardano la possibilità di un ruolo patogenetico degli anticorpi anti-cervello materni nell’alterazione pervasiva dello sviluppo dell’encefalo fetale responsabile dei segni e del comportamento in base al quale si pone la diagnosi. I ricercatori sostengono che la pista degli anticorpi materni reattivi ad antigeni cerebrali del feto sia un campo promettente della ricerca, sottovalutato e ultimamente un po’ trascurato, da tenere invece in grande considerazione, in quanto si tratta di un fattore di rischio modificabile che potrebbe interessare, si stima, fino al 20% dei casi di ASD.

La stasi in questo campo è dovuta al fatto che siamo in una fase dello studio in cui sarebbe necessario profondere uno sforzo molto rilevante, per caratterizzare in modo più specifico e preciso gli anticorpi che contribuiscono realmente alla possibilità di causare un disturbo dello sviluppo del cervello fetale, così da definire tutti i passaggi molecolari del meccanismo patogenetico. La precisa conoscenza della patogenesi da anticorpi offrirebbe altre possibilità di prevenzione e cura. E, come sottolineano gli autori della rassegna, la caratterizzazione dei tipi di anticorpi anti-cervello associati con più alta probabilità allo sviluppo di ASD potrebbe consentire programmi di prevenzione mirata, almeno per quella percentuale di casi (10-20%) che sembra dipendere da questa causa.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-11 febbraio 2023

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Si veda: Note e Notizie 18-07-03 La terribile verità su Bruno Bettelheim.

[2] Cfr. George M. Anderson, The Neurochemistry of Autism, in Basic Neurochemistry (Brady, Siegel, Albers, Price), p. 1013, Elsevier AP, 2012.

[3] Gupta A. R. & State M. W., Recent advances in the genetics of autism. Biological Psychiatry 61: 429-437, 2007.

[4] Caspr2 (Contactin-associated protein-like 2) è una proteina di membrana espressa nel sistema nervoso centrale e periferico; sembra essere essenziale per l’appropriata localizzazione dei canali del potassio azionati dal voltaggio (VGKC). Si veda van Sonderen A. et al., The clinical spectrum of Caspr2 antibody-associated disease. Neurology 87 (5): 521-528, 2016.

[5] Ciara Bagnall-Moreau et al., In utero exposure to endogenous maternal polyclonal anti-Caspr2 antibody leads to behavioral abnormalities resembling autism spectrum disorder in male mice. Science Report 10 (1): 14446, 2020.